Francesca Dellera parla con affetto di Prince

Francesca Dellera, “la pelle più bella del cinema italiano”, come l’ha definita il grande regista Marco Ferreri, riguardo il corteggiamento insistente che la rockstar Prince le fece al tempo dell’uscita del film “La Carne” e nel periodo di massimo successo per l’artista musicale di Minneapolis, in occasione dell’anniversario della scomparsa del cantante, l’attrice italiana in un’intervista ne ricorda il romantico corteggiamento a Parigi.

Francesca DelleraFrancesca DelleraFrancesca Dellera

Francesca Dellera e il corteggiamento di Prince: “Un genio assoluto”

“La Carne”, il film di Marco Ferreri presentato a Cannes, che ebbe come musa ispiratrice e protagonista Francesca Dellera, incantò anche Prince che, folgorato dalla bellezza dell’attrice, volò apposta dagli Stati Uniti a Parigi per conoscerla e corteggiarla. L’attrice con “la pelle più bella del cinema italiano”, come la definì Marco Ferreri, ha svelato alcuni aneddoti riguardanti quel periodo: “Quando mi invitava a cena, prenotava l’intero locale”, ha dichiarato l’attrice. Prince aveva inizialmente insistito per averla, senza successo, in prima fila al suo concerto romano al Flaminio. Ottenuto il numero di telefono dall’agente, l’artista aveva iniziato una lunga serie di romantiche telefonate dagli Stati uniti dove lui viveva, per recarsi poi personalmente in Francia, a Parigi, per poterla così conoscere e corteggiare. Francesca Dellera si era trasferita a vivere nella capitale francese per stare vicina al compagno dell’epoca, un noto modello americano e per lavorare lei stessa come modella di eccezione per lo stilista Jean Paul Gaultier. Il corteggiamento del folletto di Minneapolis in quei mesi è intenso e insistente anche se sempre rispettoso: “Era generosissimo, spendeva in maniera esorbitante…Ha fatto di tutto per conquistarmi. Ma la sua era comunque una corte fatta con garbo, da una persona così famosa ti puoi aspettare arroganza, in realtà era anche molto timido. C’era questa contraddizione in lui”.

In occasione della scomparsa di Prince ricordiamo l’intenso corteggiamento della rockstar a Francesca Dellera

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Durante quel periodo in cui Prince venne apposta a Parigi per conoscere Francesca Dellera e vi rimase a lungo, lei decise definitivamente di rifiutare l’offerta di Prince di seguirlo negli Stati Uniti scegliendo invece di rimanere con il compagno dell’epoca. Prince l’avrebbe voluta come protagonista del suo nuovo video musicale, dopo il grande successo appena ottenuto con “Diamonds and Pearls”, ma l’attrice, innamorata del fidanzato e della propria indipendenza, scelse la libertà rifiutando di partire con lui per gli Stati Uniti dove avrebbe realizzato un video di cui lei sarebbe stata la protagonista femminile accanto a lui. Prince era “un corteggiatore romantico”, ma il suo coinvolgente e insistente corteggiamento non bastò; “Mi avrebbe fatta sentire in prigione, una prigione dorata sì ma pur sempre prigione. Io sono un’anarchica, una libera. E quindi ho detto no”. Una scelta non semplice ma istintiva, viste le grandi personalità dei due protagonisti: non sarebbe stato facile mantenere indipendenza e libertà al fianco di un artista così grande e così complesso. Francesca Dellera ha comunque un bel ricordo dei piacevoli momenti trascorsi in compagnia della rockstar, simbolo della musica soul e funk americano, intervistata lo descrive così: “Prince era “larger than life” – eccessivo in tutto, anche nel talento, era quello che faceva la differenza. Sarà difficile che ci sia un altro come lui. Io adesso sono felice, sono fidanzata con una persona che lavora nel campo della musica, metà francese e metà americano. In fondo, mi sono sempre piaciuti gli artisti…”.

L’arte per riflettere sulla realtà: Beatrice Trussardi si racconta a DeAbyDay

DeAbyDay intervista Beatrice Trussardi: la sua idea di arte, la crescita professionale, “A Friend” e gli altri progetti seguiti per Fondazione Nicola Trussardi, che guida dal 1999.

Beatrice Trussardi

Beatrice Trussardi: l’arte come spunto di riflessione sul presente

“L’arte per me è lo sguardo di persone che vogliono rappresentare la realtà per farci riflettere, per farci pensare. Ci danno una visione diversa della realtà che abbiamo davanti agli occhi quotidianamente fornendoci degli spunti, generando dei punti interrogativi, non delle risposte definitive”: Beatrice Trussardi si racconta a DeAbyDay, portale online dedicato all’universo femminile, al tempo libero, alla cucina, alla bellezza e al benessere. Una “moderna Isabella d’Este”, una mecenate dei giorni nostri: nel ritratto dedicatole da DeAbyDay, l’imprenditrice culturale ripercorre gli anni alla guida di Fondazione Nicola Trussardi, che l’hanno portata a occuparsi di progetti unici diffondendo l’arte contemporanea in luoghi poco conosciuti di Milano per coinvolgere sempre più i cittadini e farli riflettere sui grandi temi di attualità. “Ho vissuto in un contesto permeato da stimoli culturali, di relazioni con artisti, con creativi. Ho completato gli studi con un master in Art Business Administration e, poco per volta, la mia strada verso l’arte si è andata delineando quasi naturalmente davanti ai miei occhi” spiega Beatrice Trussardi. Un percorso graduale, che culmina nella guida della Fondazione, a cui nel 2003 ha impresso una svolta innovativa: “Ho deciso di trasformarla in un’agenzia di arte pubblica, creando progetti con artisti molto importanti, riconosciuti internazionalmente, che si confrontano con luoghi simbolici della città. Il nostro obiettivo più grande è parlare di argomenti attuali che riguardino la società in cui viviamo su scala anche globale e far riflettere su questi temi complessi, urgenti, difficili”.

Beatrice Trussardi: il valore di “A Friend”

Far riflettere attraverso opere d’arte d’impatto, che non passino inosservate: è questo uno degli obiettivi che Beatrice Trussardi si è data per la Fondazione Nicola Trussardi. Il progetto più recente è “A Friend”: l’installazione dell’artista ghanese Ibrahim Mahama è stata concepita appositamente per i due caselli daziari di Porta Venezia e sarà visibile per tutta la durata della Milano Design Week fino al 14 aprile 2019. L’imprenditrice culturale spiega come l’opera di Mahama si concentri sul concetto di “accesso”: “È stata creata su due porte che simboleggiano l’entrata e l’uscita della città: una soglia, un confine. I sacchi di juta che rappresentano la circolazione delle merci in tutto il mondo portano lo sguardo e il pensiero a chi li riempie di materie prime: lavoratori, persone, individui a cui non è concesso di circolare per il mondo in modo così semplice, naturale, libero, così come avviene per le merci”. Nell’intervista Beatrice Trussardi osserva come la migrazione sia un fenomeno che esiste da sempre: “Tutti noi siamo emigrati da altrove nelle varie ere storiche, ma anche negli scorsi decenni. Se andiamo a studiare all’estero siamo “emigranti”. Ovviamente oggi c’è una realtà molto più importante che è entrata nel dibattito sociale e politico di tutto il mondo che è quella delle migrazioni di popolazioni che provengono da situazioni di guerra o situazioni di povertà o situazioni in cui è impossibile vivere per il cambiamento climatico. Le popolazioni emigrano, ed emigrano nei luoghi in cui si può vivere meglio”.

 

Beatrice Trussardi: “Siamo una Fondazione nomade”

 

Fondata nel 1996 e attualmente sotto la guida dell’imprenditrice culturale Beatrice Trussardi , Fondazione Trussardi non ha una sede dal 2003: lo scopo è avvicinare l’arte ai cittadini, coinvolgendoli e attirando la loro attenzione con esposizioni all’aperto e interventi cittadini.

Beatrice Trussardi

Beatrice Trussardi: gli obiettivi della Fondazione

“La Fondazione è nata nel 1996, ideata da mio padre, perché era stato inaugurato lo spazio multifunzionale di Marino alla Scala, concepito come un luogo per iniziative private ma anche per altre aperte a tutti: un approccio oggi normale , ma all’epoca era innovativo”: così Beatrice Trussardi racconta la nascita della Fondazione, che dirige dal 1999. Inizialmente le attività si basavano su mostre all’interno del palazzo: eclettiche, innovative, incentrate su diverse discipline culturali come il teatro, la pittura e la fotografia. Con l’arrivo dell’imprenditrice culturale si aggiunsero mostre che prima non c’erano, come quella di Philipp Tracy, il cappellaio, o quella di Michelle Lopez. “Sentivo questa urgenza di comunicare a un pubblico più vasto, così ho pensato a come fare ‘arte pubblica’ ma non in uno spazio privato, perché il limite era quello”. Così Beatrice Trussardi decide nel 2003 che la Fondazione non avrà una sede. In un recente articolo del quotidiano Il Foglio, l’imprenditrice la definisce una Fondazione “nomade”: “L’obiettivo è di portare l’arte verso un pubblico sempre più vasto, prenderlo di sorpresa, in modo inaspettato perché spesso e volentieri il pubblico che già ci segue attende con curiosità il prossimo luogo dove faremo l’intervento”. L’intento è avvicinare i cittadini all’arte, colpire anche chi non è un esperto o un appassionato. È un’attività libera e stimolante, che vale la pena intraprendere nonostante l e trafile burocratiche che ne derivano e che complicano il lavoro .

Beatrice Trussardi e le opere “nomadi”

Massimiliano Gioni è il Direttore Artistico di Fondazione Trussardi da 15 anni: il suo lavoro, in sinergia con l’impegno di Beatrice Trussardi, ha dato vita a numerosi progetti particolarmente significativi per la città di Milano e per gli artisti che vi hanno preso parte. “Short Cut” (Scorciatoia) è un’installazione che rappresenta un’automobile bianca che traina una roulotte: l’auto e la roulotte sembrano spuntare dal sottosuolo, al centro dell’Ottagono di Galleria Vittorio Emanuele. L’opera, metafora del turismo globale, portava la firma di Michael Elmgreen & Ingar Dragset ed era stata scelta da Beatrice Trussardi, con un effetto strabiliante e disturbante al contempo. Il Parco Sempione è stato trasformato in palcoscenico per Pawel Althamer, che vi ha portato un autoritratto ingigantito costituito da un pallone aerostatico lungo venti metri, lanciando la sua sfida alla scultura classica. In Piazza XXIV Maggio Maurizio Cattelan ha portato “Untitled” (2004), con tre manichini appesi all’albero più antico di Milano. L’ultima recente installazione a cielo aperto è “Sacrilege”, dell’artista inglese Jeremy Deller: un gigantesco gonfiabile che riproduce in scala 1:1 il sito archeologico di Stonehenge, collocato nel cuore del parco delle sculture di CityLife. Nel 2015 sono iniziate anche importanti mostre presso Palazzo Reale e la Triennale, per parlare di argomenti di interesse globale: “La Grande Madre” raccontava il ruolo della donna attraverso la figura della madre e la disparità di genere, mentre “La Terra Inquieta” era connessa al tema dell’immigrazione.